Dr.ssa Rita Bartolini
Tra le varie situazioni mediante le quali il meccanismo insegnamento – apprendimento recitano il loro “spettacolo”, la lezione appare ancora la più utilizzata, ma anche la più faticosa e forse, la meno semplice da controllare. Nel parlare di controllo non intendiamo riferirci alla totalità delle variabili esplicite ed implicite contenute in una lezione, tale controllo va ritenuto “impossibile” se teso al possesso simultaneo dell’intero, ma non per questo fallimentare. Anzi la sua flessibilità relazionale è data proprio dall’inevitabile impossibilità di monitorare l’intero reticolo intersoggettivo nel quale soggetti e contenuti si muovono. Tale limite è l’aspetto più prezioso della scena didattica della lezione perché ne conserva le aree dell’imprevisto e le aree dinamiche dei rapporti intersoggettivi.
In tal senso riflettere sulle dimensioni che caratterizzano una lezione ci permette di mettere a fuoco taluni orizzonti osservativi, consapevoli nel contempo che la riflessione deve risultare parziale se vuole lasciare spazio all’approfondimento tematico individuale e di gruppo.
Per dare un ritmo espositivo al nostro ragionamento, utilizzeremo il procedimento interrogativo, ponendoci quelle domande che paiono appuntarsi nel mentre si va costruendo – osservando, una qualsiasi lezione.
1. Quali funzioni deve svolgere una lezione (perché la lezione?), quale funzione assume nel processo formativo?:
· Trasmette informazioni
· Trasmette concetti
· Dovrebbe razionalizzare eventi caratterizzanti quel gruppo trasportando l’impressività ad un livello superiore di conoscenza e raziocinio
· Dovrebbe proporre e produrre schemi e modelli interpretativi relativi a quel contenuto.
La lezione, dovrebbe avere un aspetto di economicità, nel senso che dovrebbe raggiungere scopi precisi nel minor tempo possibile con un dispendio energetico, in termini di accesso, comprensione e rappresentazione, limitato.
Essa tende all’omogeneità, nel senso che conduce alla fuoriuscita dalla confusività tramite la dipendenza da una persona riconosciuta competente (ad esempio il mentore). Con ciò non va inteso un meccanismo necessariamente passivo, poiché la cura della qualità della lezione ha proprio il compito di abbassare, o comunque contenere, questo rischio. La lezione ha anche un compito clinico, nel senso che dovrebbe curare la/le situazioni emotive che si palesano nel suo sviluppo nelle forme dell’impotenza, della frustrazione, dell’insuccesso, dell’inadeguatezza.
2. Quali possono essere le modalità di comunicazione più efficaci, cioè come la lezione può muoversi?:
Prima di tutto ogni lezione è preceduta da un momento preliminare di preparazione – progettazione al fine di individuare:
· Gli obiettivi, cioè cosa voglio dire, dove voglio arrivare, quale messaggio voglio trasmettere, cosa voglio ottenere
· I destinatari, a quale livello di conoscenza sono, quale preparazione hanno, a quale modello culturale fanno riferimento (strutturalista? costruttivista?), quale cosa si aspettano, come sono abituati ad interagire, quale linguaggio utilizzano (possibili fraintendimenti)
· Le modalità di applicazione, lezione aperta? Lezione chiusa? Lezione dubitativo – problematica?
Questa fase avviene in un momento intimo e riflessivo dell’insegnante con il contenuto da proporre per valutarne il peso e le modalità di proposta a quel preciso contesto classe.
3.In quale momento avviene la lezione, cioè quali sono i momenti in cui è fruita?
· Inizio anno
· Fine anno
· Durante l’anno
· Inizio settimana, metà settimana, fine settimana
· Inizio mattina, metà mattina, fine mattina, pomeriggio.
La vita mentale individuale sia del singolo alunno come del gruppo classe (determinata appunto dal preciso momento storico in cui si trova), incide sulla comprensione dei messaggi e sulla permeabilità degli stessi. La variabile temporale favorisce o distorce l’ingresso del messaggio. Dire e dare ciò che è utile in quel preciso momento è compito di un’accurata messa in scena della lezione. Per questo devono essere curati:
· Introduzione – sviluppo – conclusione dell’argomento
· Chiarezza espositiva del contenuto
· Tempo lezione minimo – tempo preparazione massimo (sono inversamente proporzionali)
· Tempo di disponibilità ricettiva (più o meno estesa in base all’età)
· Scelta dei materiali di sostegno.
4.Chi è il responsabile della lezione che azioni opera su di sé?
· Cura l’ascolto, nel senso che ascolta
· Controlla il narcisismo, nel senso che controlla il suo io con le evntuali tensioni alla volontà di potenza
· Conserva e nutre il concetto di servizio, nel senso che questo è il senso profondo dell’educare
· Gestisce lo spazio, nel senso che cura le attese positive dell’altro arredando la scena con segnali direzionati al bene, al buono e al bello.
5.Qual è il contenuto della lezione? Che cosa trasmette?
Una lezione contiene sia una Grammatica (affatto discutibile), che un Pensiero (molto discutibile).
· La sua finalità è l’apprendimento (il più possibile stabile)
· L’azione pedagogico – didattica prevede l’articolazione in forme che favoriscono l’iniziativa del singolo, l’autodecisione, la responsabilità personale di chi apprende, processi di autovalutazione, di programmazione e pianificazione.
6.Qual è la relazione in atto? Quale dinamica intercorre tra docente e uditorio?
All’interno della lezione sono in gioco due dimensioni: una reale, quella appunto tra docente e allievi; l’altra fantasmatica.
Nella relazione fantasmatica si muovono tre immagini:
· l’immagine percepita da chi ascolta = come appare il docente ai suoi occhi
· l’immagine desiderata = l’immagine che il docente vuole dare di sé, cioè come desidera apparire
· l’immagine autopercepita = come il docente appare a se stesso mentre lavora.
Va da sé che raramente le tre immagini coincidono! Il più delle volte vi è un movimento pendolare tra il seduttivo e il paternalistico. In ogni caso, sullo sfondo, si trovano i nostri rapporti originari sia come docenti che come alunni (vedi il rapporto uno – tutti, vedi la percezione dell’alunno nel setting lezione).
Taluni indicatori di massima ci possono aiutare a tenere sotto controllo il nostro lavoro di docenti nel momento espositivo della lezione:
· snellire e rendere fluido il linguaggio per rendendolo efficace, quindi di facile e immediata comprensione sia per precisione terminologica che per chiarezza espositiva
· la sintesi è frutto di allenamento (passare coraggiosamente all’utilità della forbice)
· appropriarsi del termine “spiegare” per costruire esemplificazioni a carattere sia materico che di immagini
· l’organo target da raggiungere, da parte di chi parla, è l’orecchio e il sistema attentivo di identificazione e riconoscimento
· curare il “far vedere”, il mostrare, l’esemplificare (dire e mostrare)
· evitare di mentire con esemplificazioni che non hanno correlazione con il contenuto
· pretendere da se stessi di approssimarsi, di aspettare, di ri – spettare i tempi di reazione e di metabolizzazione dell’altro
· coltivare il silenzio con i suoi tempi di attesa
· saper aspettare senza andare in ansia.
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