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L’intervento pedagogico

Rita Bartolini


Il tema centrale incluso nella contemporanea idea di qualità di vita è diventato quello della responsabilità contenuta nelle scelte di cura e nelle scelte educative che vengono rivolte all’uomo nel corso della sua vita fin dal momento della sua nascita.

Il senso di questa prima affermazione si correla con tutti gli eventi scientifici e tecnologici costantemente pensati, progettati, prodotti e applicati a favore dell’uomo per una sua migliore qualità di vita. Ogni intervento definito scientifico, tecnologico e talvolta riabilitativo (quando ciò si reputa necessario), non esaurisce la sua funzione nel solo evento attivante o riattivante una funzione lesa e successivamente ripristinata, assente e successivamente sostituita o impiantata. Se così fosse ogni intervento di rifunzionamento avrebbe il solo carattere meccanico di riparazione del danno. In realtà perché il tutto si diriga al miglioramento della qualità di vita necessita che queste azioni vengano corredate e inserite nell’insieme della visione esistenziale dell’individuo la cui vita rappresenta un intero e a tale interezza e unità ogni azione deve dirigere la sua attivazione.

Anche l’impianto cocleare non sfugge a questa visione unitaria del soggetto e della sua esistenza. L’impianto cocleare rappresenta un evento ad alta densità di responsabilità in termini di umanizzazione poiché ripristina o attiva, il ponte comunicativo tra l’individuo sordo e il mondo e il mondo con l’individuo sordo.

Nella stessa definizione attuale contenuta nell’ICF (International Classification of Functioning, Disability and Health), promossa dall'Organizzazione mondiale della sanità (OMS), il concetto di salute risulta essere l’esito di tre fattori dialoganti tra di loro: il fattore biologico, il fattore psicologico, il fattore sociale. Non è dunque pensabile modificare uno dei tre fattori senza tenere nella giusta considerazione gli altri due se effettivamente l’intento è la salute e la qualità di vita.

Ogni individuo si individua per mezzo di un sottile confine tra lui e il mondo. La sottigliezza consente che l’individuo e il mondo, fina dalla nascita, possano mettersi in dialogo di ricerca, esplorazione, interrogazione e manifestazione. Tale aspetto è riconducibile a ciò che potremmo definire condizioni di percezione e appercezione che i sensi avvertono, producono e codificano in risposte. L’atto meta riflessivo conseguente e coerente è l’ulteriore processo di ordinamento concettuale che per uguaglianza, riconoscimento, ordinamento, seriazione, classificazione, selezione, nominazione, … conduce al ragionamento, inteso come linguaggio interiore, e alla verbalizzazione, intesa come linguaggio esteriore.

Da questo punto di vista, in Pensiero e linguaggio[1], Vygotskij ci è di grande aiuto perché ci documenta (tramite un’ampia ricerca) e ci argomenta (tramite le considerazioni sulle ricerche) come di fatto il linguaggio sia l’esito del rapporto sociale che possiamo o non possiamo instaurare fin da piccoli in termini di elaborazione e rielaborazione delle relazioni sociali con gli oggetti tramite i soggetti presenti.

Ogni parola ha, secondo l’Autore, un aspetto esterno, quello sonoro, e un aspetto interno, il suo significato, che conduce al contenuto di pensiero che la parola esprime. In tal senso il linguaggio è di fatto una forma di relazione sociale in quanto le parole esprimono significati intelligibili per il pensiero di coloro che comunicano riuscendo così a metterli in comunicazione. La capacità di pensare, sempre secondo l’Autore, cioè il pensiero in quanto funzione della mente, segue uno sviluppo diverso, è indipendente. Nel bambino, ad un certo punto del suo sviluppo, queste due funzioni si avvicinano dando luogo ad una funzione, il pensiero verbale, nel quale un pensiero specifico prodotto dal pensiero è espresso dal linguaggio sotto forma di una parola che di quel pensiero specifico trasmette il significato.

Il termine scaffolding, che venne utilizzato per la prima volta in ambito psicologico in un articolo scritto da Jerome Bruner, David Wood e Gail Ross nel 1976[2] e pubblicato dal Journal of Child Psychology and Psychiatry, rappresentava una metafora in grado di indicare l'intervento di una persona più esperta che ne aiuta una meno esperta per effettuare un compito, oppure risolvere un problema o raggiungere un obiettivo che da solo non potrebbe raggiungere. Così venne usata l’immagine delle impalcature (scaffolding), in grado appunto di sostenere delle azioni indirizzate verso scopi precisi. Si tratta, dunque, del sostegno che un esperto, sia adulto che coetaneo, è in grado di offrire ad un apprendista o principiante durante la costruzione attiva del suo processo di apprendimento. L’aspetto sociale e inter-relazionale appaiono essenziali dunque per lo sviluppo sia del ragionamento che del linguaggio. In tal senso pensare ancora che il solo intervento tecnico-riabilitativo valga da sé e per sé alla attivazione, risoluzione o alla compensazione di funzioni comunicative, risulta oltre che parziale, del tutto anacronistico rispetto alla visione di insieme sociale che ogni individuo rappresenta se tale è dichiarato. L’individualità non marca l’isolamento, indica il senso di responsabilità che ognuno deve costruire se vuole dirsi al mondo.

Lo stesso vale per il concetto di zona di sviluppo prossimale che, teorizzato da Lev Semënovič Vygotskij, tende appunto a dimostrare come lo sviluppo individuale di un soggetto avvenga nell’:

  • area effettiva di sviluppo: ovvero le competenze realmente acquisite ad un certo momento dello sviluppo cognitivo di un individuo

  • area potenziale di sviluppo: che vale la stessa cosa, ma riguarda le competenze potenzialmente acquisibili in un futuro prossimo o già raggiungibili attraverso l'aiuto di una persona esperta.

Risulta evidente come i processi di conoscenza, di soluzione delle difficoltà, di ampliamento delle strategie di pensiero e di azione, di arricchimento lessicale e comunicativo, vanno di pari passo con la possibilità e la capacità di tessere relazioni e stare in relazioni.

Ma perché questo percorso si compia (in questa sede il campo è quello relativo all’impianto cocleare), nel suo regolare sviluppo evolutivo, appare evidente che il solo intervento chirurgico non è sufficiente. L’intervento chirurgico riabilita l’organo sensoriale, ma non abilita di per sé l’individuo alla sua funzione di essere individuo responsabile e autonomo, cioè non abilita la sua funzione umanista che si costruisce tra umani.

Perché ciò sia possibile occorre, e questo è il concetto centrale che vorremmo tematizzare, che al percorso di riabilitazione si allinei, cioè si affianchi, il percorso pedagogico che abiliti il bambino ad avvertirsi come parte attiva e propositiva della sua crescita e ad avvertire che gli altri sono anche loro parte attiva dei suoi processi di crescita.

Compito dell’intervento pedagogico diventa allora il farsi carico di tutti gli aspetti educativi, ambientali e sociali in cui quella funzione riabilitata deve appunto diventare funzione abilitata: cioè trovare il suo senso.

Le indicazioni teoriche di Dewey ci aiutano in termini pedagogici poiché si basano su una concezione dell'esperienza come rapporto tra uomo e ambiente. L’individuo non è spettatore passivo, ma attivo perché agisce e interagisce con ciò che lo circonda. Il pensiero dell'individuo nasce dall'esperienza, che l’Autore intende come esperienza sociale. Tutti i processi educativi devono aprire a nuove esperienze e al potenziamento di tutte le opportunità che generano e strutturano uno sviluppo ulteriore. Dal nostro punto di vista l’atto educativo, deve prendere le mosse dalla quotidianità nella quale il soggetto vive. Ecco la motivazione per cui l’inserimento al nido, piuttosto che alla scuola dell’infanzia ha senso e contesto: perché rappresentano il quotidiano e il costante. Successivamente ciò che è stato esplorato e sperimentato progressivamente assumerà una forma più ricca e organizzata. L'esperienza è realmente educativa nel momento in cui attiva l'espansione e l'arricchimento dell'individuo, conducendolo verso il miglioramento di sé e dell'ambiente. Un ambiente in cui vengono accettate le pluralità di opinioni di diversi gruppi in contrasto tra loro, favorisce lo sviluppo progressivo delle caratteristiche dell'individuo, ne amplia il pensiero, le strutture mentali, i paradigmi linguistici, gli orizzonti concettuali. L’apprendimento non è lineare o monotematico esso

· scaturisce da un problema in contesto reale

· si attua tramite un’azione riflessiva

· il modello è circolare: TEORIA – PRATICA – METODOLOGIA

· si apprendere per problemi

· attiva l’Inquiry learning

· Si sviluppa tramite il metodo per progetti

· è collaborativo[3].

In tema di strategie occorre dunque tenere presente che l’uso dell’orecchio non è esclusivamente indirizzato alla produzione del linguaggio, inteso come articolazione linguistica e verbale, anzi, probabilmente il linguaggio, nelle manifestazioni correlate all’orecchio, appare come ultimo evento tra quelli che devono essere mossi nell’intenzione riabilitativa e abilitativa. La stessa storia dell’umanità dimostra questo fatto: il linguaggio è l’ultimo dei comportamenti umani evolutivi. Dunque prima ancora del parlare, inteso come esito dell’udire, c’è molto di più su cui i processi educativi devono intervenire per evitare che il linguaggio sia solo ed esclusivamente un fatto ecoico o ripetitivo.

Tra i processi di intervento educativo ad intenzione di appercezione, c’è in prima istanza l’attenzione[4], ovvero l’insieme delle attività che a più titoli e a più occasioni producono:

· allerta

· orientamento

· riconoscimento e selezione dell’informazione

· controllo dei distrattori rispetto alla fonte primaria

· autocontrollo delle azioni di risposta

· attivazione dell’aggancio visivo e sua stabilizzazione

· utilizzo del pointing come indirizzamento di risposta di selezione

· resistenza alla stimolazione

· stabilità di esplorazione e di analisi della realtà circostante

· stabilità di ascolto

· comprensione delle comunicazioni e dei messaggi uditivi; visivi; cinestesici

· risposta coerente alle richieste.

Va da sé che il risultato delle attenzioni elencate non si ottiene per solo ed esclusivo condizionamento riabilitativo, bensì sono il risultato del quotidiano, costante e ripetuto atto educativo proposto, conservato e intenzionato da tutte le figure e in tutti gli ambienti in cui il bambino vive. L’inserimento precoce, o comunque appena possibile, all’asilo nido e alla scuola dell’infanzia risultano essere, insieme alla vita quotidiana famigliare, gli eventi realisticamente abilitativi, ovvero umanizzanti per un uso appropriato e coerente dell’impianto cocleare. Per questi motivi talvolta viene attivata anche una figura di educatrice domiciliare con il compito specifico di attivazione e potenziamento di quelle abilità attentive che sorgono e si strutturano nel vivere quotidiano e come tali vanno esperite, esplorate e possedute.

Anche l’uso di materiali consoni e situazioni consone risulta essere tema centrale di un pensiero abilitativo: materiali che abbiano riferimenti con la vita quotidiana perché il bambino possa ritrovare i suoi vissuti, le sue esperienze e le possa praticare e consolidare. I libri, dove le immagini e le narrazioni gli ripropongono i suoi vissuti, ma con personaggi o animali diversi da lui, ma con le stesse esigenze e gli stessi bisogni. La frequentazione di ambienti, spazi e persone con i quali possa instaurare relazioni stabili verso le quali attivi sia conoscenze che attività. Evitare situazioni esclusivamente impressionistiche e costantemente varie e modificate che nulla lasciano nei processi di conoscenza se non una repentina e breve stimolazione senza tracciato alcuno di consapevolezza.

Il cognitivismo di Vigotskij e Ausbel[5] ci porta verso il concetto di apprendimento significativo. Tale può essere e diventare se riconosciamo che

· la mente è un sistema di gestione delle informazioni

· si deve dare importanza dell’uso delle intelligenze artificiali

· che si deve rispettare la teoria del carico cognitivo (cognitiv load theory CLT)

· sono importanti le preconoscenze

· sono importanti le anticipazioni

· sono importanti i meccanismi della meta cognizione.

In tutte queste attenzioni educative l’adulto ha un ruolo centrale perché deve possedere la consapevolezza di ciò che fa, perché lo fa, come lo fa e dove lo fa. L’evento dell’impianto cocleare trascina con sé una presa di coscienza educativa che si allontana dal solo evento generativo che spesso, presuntuosamente, ritiene di essere già un atto educativo, per entrare realisticamente nell’evento educativo. È come se all’impianto cocleare attivato nel bambino attivasse in simultanea l’impianto educativo. Ciò che sovente viene definito come istinto educativo, nel processo di abilitazione viene portato a scienza e coscienza, ovvero l’adulto diventa consapevole di ciò che fa e dei suoi perché. Tanto più la consapevolezza degli adulti si fa profonda e diventa costante, tanto più l’esito, in termini di emancipazione e crescita, si fa certa e stabile nel bambino.

È proprio l’intervento pedagogico che indirizza l’insieme dei processi di consapevolezza mettendoli in dialogo e in reciproco scambio proprio come indicato nel connettivismo da George Simens[6] dove il fare rete, cioè il networking consente uno scambio in grado di predisporre all’apprendimento continuo.

[1]Ultima opera di L.S.Vygotskij, pubblicata postuma nel 1934 viene ritenuta un capolavoro ed un classico della psicologia di questo secolo. [2] The role of tutoring in problem solving [3] Dewey John, Esperienza e educazione, Firenze, La Nuova Italia, 1949. [4] Merita che si ponga una particolare riflessione al termine attenzione. Infatti questo termine, tendenzialmente utilizziamo in maniera singolare, contiene diverse fasi. Si rinvia in tal senso al testo di Rosa Angela Fabio intitolato appunto L’attenzione, Franco Angeli [5] Ausbel David, Educazione e processi cognitivi, Franco Angeli, 1978 [6] George Siemens, è direttore associato del Learning Technologies Centre presso l’Università di Manitoba e autore di Knowing Knowledge


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